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lunedì 13 marzo 2017

La lunga marcia del calcio islandese verso il professionismo - I parte

Una delle domande più ricorrenti delle nostre interviste è quando mai riusciremo a vedere un club islandese in una fase a girone di una coppa europea. Per la redazione di #CIEF, e per molti nostri lettori, dopo la qualificazione dell'Islanda ai campionati europei, questo resta ancora un tabù da sfatare. Abbiamo deciso di affrontare l'argomento, dividendolo in due articoli, data la sua complessità, partendo da un recente servizio del sito di calcio islandese fotbolti.net.

Da sinistra: Kristinn Kjærnested (Presidente del KR), Sæmundur Friðjónsson (Presidente dello Stjarnan), Jón Rúnar Halldórsson (Presidente dell'FH) (fotbolti.net)

Un passaggio necessario, ma non sufficiente, che i club islandesi devono compiere è diventare professionisti. Attualmente non ci sono club professionisti in Islanda, ma solo semi pro (e solo nelle prime due serie).

Il sito fotbolti.net si sta ponendo la questione e, attravreso il nostro amico giornalista Magnús Már Einarsson, ha sondato i presidenti delle tre squadre più forti dell'isola: KR, Stjarnan e FH. La sua inchiesta dà una visione ampia del calcio islandese su cui tutti e tre i presidenti sono unanimamente concordi: negli ultimi dieci anni sono stati fatti grossi passi in avanti e manca poco per arrivare ai gironi di una competizione europea.

Gli investimenti strutturali (i famosi campi coperti che permettono di giocare e allenarsi anche in inverno) e la professionalizzazione degli allenatori (obbligatorietà del patentino UEFA B), uniti ai miglioramenti della nazionale, hanno aumentato seguito ed interesse per il calcio che fino a pochi anni fa non era così popolare in Islanda.

Jón Rúnar Halldórsson ha evidenziato come gli stipendi dei giocatori siano aumentati notevolmente negli ultimi anni, attualmente in media con un buon stipendio di un lavoratore islandese. La differenza è nella lunga pausa invernale in cui gli stipendi ai giocatori sono fermi e questi suppliscono con lavori extrasportivi. Va specificato che questa retribuzione riguarda solo i giocatori migliori della squadra: per i top team sono a malapena i titolari, per le altre squadre (anche in prima serie) sono i migliori 4/5. Gli altri suppliscono con lavori extrasportivi anche durante il campionato.


David James, ex portiere della nazionale inglese, ha concluso la sua carriera nell'IBV dove, oltre a difenderne la porta, lavorava in una locale fabbrica di trasformazione del pesce. Con il cappellino si distingue anche Hermann Hreiðarsson (youtube.com)

Questa prospettiva retributiva non permette di trattenere i giovani migliori che vengono ingaggiati da squadre estere spesso ancor prima di esordire in prima squadra ed è molto difficile che ciò cambi negli anni a venire. Tuttavia consente a molti giocatori che hanno fatto esperienze all'estero di tornare in patria. Non sono pochi i calciatori islandesi che oggi preferiscono giocare titolari in Islanda piuttosto che fare i panchinari in altri campionati.

Questa stabilità, come ricorda Kjærnested, influisce positivamente sulla programmazione, permettendo di sottoscrivere contratti pluriennali con i calciatori. Infatti, fino a pochi anni fa, era consuetudine per le squadre islandesi di rivoluzionarie le squadre nel giro di poche settimane. Visto il carattere prevalentemente dilettantistico del movimento calcistico islandese, questo problema sussiste ancora oggi, ma è in via di attenuazione

La carenza di giovani promesse viene spesso compensata da calciatori stranieri che, non riuscendo a sfondare in patria, vedono di buon occhio la possibilità di giocare in un campionato di vertice. Kristinn Kjærnested, presidente del KR, ricorda la gioia di Gary Martin quando ha esordito in Champions League contro il Celtic, traguardo che mai avrebbe raggiunto giocando in patria.

Gary Martin, cresciuto nelle giovanili del Middlesbrough, è arrivato al KR nel 2012 dopo una parentesi all'IA di Akranes e una breve esperienza in Ungheria con l'Ujpest (dailyrecord.co.uk)

Sempre a Kjærnested viene chiesto conto dei cinque danesi in squadra lo scorso anno e, ribadendo che non è un problema avere una squadra multietnica, afferma che i giocatori si cercano soprattutto laddove non esistano legami contrattuali che impongono un pagamento alla società d'origine. In pratica, tutti i trasferimenti di stranieri in Islanda avvengono a costo zero.

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